Pietro Consagra, la bellezza è negli occhi di chi guarda
Mentre salgo i gradini che mi conducono sopra la cavea, dove con i colleghi dell’Associazione Guide Turistiche Eolie Messina Taormina inizio il percorso della mostra Pietro Consagra. Il colore come materia, mi chiedo: “Perché contaminare la sacralità del teatro antico di Taormina con delle opere d’arte contemporanea?”
La mia reticenza si sgretola subito davanti a Ferro rosso (1995), uno scontro fisico tra i pieni del materiale scarlatto e brillante e i vuoti che ritagliano scorci di pietre e di pale di fichi d’India, che ci introduce in un viaggio iniziatico nell’universo di Consagra.
Il nostro Virgilio è Paolo Falcone, curatore della mostra insieme a Gabriella Di Milia. Lui ci accompagna tra le opere, contestualizzandole e delineando le tappe più significative dell’intera produzione.
L’artista Pietro Consagra
Partiamo dal Dopoguerra quando l’artista di Mazara del Vallo, figlio di una Sicilia madre e matrigna, è spinto ad andare a Roma e non tornare più, se non per brevi periodi. Il giovane sente la necessità di ricostruire il mondo e la società con canoni nuovi. Così insieme a Accardi, Sanfilippo, Perilli, Turcato al realismo di Guttuso e compagni oppone l’astrattismo e l’informale.
Mentre camminiamo lungo l’ambulacro dove sono esposte le opere, Falcone ci parla dell’evoluzione del linguaggio, delle partecipazioni alle Biennali. Ma soprattutto di come Consagra nel tempo sia riuscito a scardinare i concetti tradizionali di scultura proponendo opere aniconiche, sospese, frontali. Falcone dice:
la ricerca della frontalità porta l’artista ad una riscrittura dello spazio e ne ristabilisce le gerarchie
Allo studio sulle potenzialità dei materiali (legno, ferro, bronzo, alluminio) lo scultore aggiunge l’indagine sulle qualità del colore (opaco, brillante, omogeneo). Inoltre sul rapporto tra opera e contesto circostante, continua Falcone:
lo spazio viene gestito in modo da essere ridefinito dalla posizione delle sculture e dei loro confini. Consagra si considera un erede della visione costruttivista
L’artista ha dunque creato una sua grammatica, che pur basandosi sulla forza del segno non si può restringere al campo dell’arte segnica, che pur sfruttando le potenzialità del medium espressivo non si può inquadrare nell’arte materica, ma la sua plastica bidimensionale si può definire una rivoluzione linguistica e semantica, che nell’accentuazione dei vuoti richiama gli specchi di Pistoletto e certe ricerche di leggerezza e al contempo di potenza di Calder.
Le mie impressioni
Un orizzonte nuovo mi si apre adesso, scorgo una diversa geografia fatta di linguaggi e sguardi.
Da un lato mi fa percepire le opere di Consagra nella loro pura essenza, articolata negli incontri/scontri tra colore e materia, tra pieni e vuoti, tra sovrapposizioni e incastri nei quali ognuno di noi può ritrovare i “pesi” della vita, i compromessi, le cicatrici, le urla di gioia, la forza della passione e la ricerca di spiragli di libertà. Dall’altro questa mostra mi permette di provare un’emozione irripetibile perché vedo le pietre del III secolo a.C. che interagiscono con Controluce del 1976, l’arco a tutto sesto del II d.C. che interroga Ferro trasparente rosso del 1965, o ancora la nuda roccia scavata fin dai tempi di Gerone II che esalta Bianco macedonia e scaglie di ossidiana del 1977 o l’area sopra il parascaenium che penetra nei vuoti di Ferro e fuoco del 1997.
Ma il contrasto più stimolante tra antico, contemporaneo e natura è per me davanti Giardino bianco del 1966, una scultura di lamine sottili quasi pronte a levitare, che si staglia nello spazio antistante il portico di età imperiale, al cospetto di sua maestà l’Etna.
La mostra può essere visitata dal 17 maggio al 30 ottobre 2021 al Teatro Antico di Taormina.
Katia Giannetto